martedì 29 aprile 2014

Proseguendo...

Uno degli elementi presi in considerazione fino ad oggi, per andare avanti con la progettazione della scuola di tango, è rappresentato da una serie di passi, spiegati nel post precedente attraverso un video, dove diversi movimenti tracciano sul pavimento delle linee circolari. Questa figura, chiamata "ocho", è la partenza per un edificio di forme sinuose, curve, forme che si ricollegano alla Villa Saracena di Moretti, come al Guggenheim  Museum di Wright. Uno sguardo molto importante va anche al Ponte Flaminio. Infatti, camminando per l'Area 27TevereCavo, è possibile scorgere talvolta la maestosità del Ponte Flaminio, motivo che mi ha portato a pensare ad una serie di sale da ballo sopraelevate e che guardassero verso il Ponte stesso.

Ex tempore:
Parte da Via degli Olimpionici una specie di percorso definito dalla curvatura della strada stessa, fino ad incontrare la nuova scuola di tango che accompagna le persone verso l'ingresso.
Gli spazi pubblici creano un dialogo tra interno ed esterno.
Una rampa che parte dal livello zero accompagna chiunque si volesse avvicinare al mondo del tango, arrivando alle sale principali, che sporgono verso Ponte Flaminio.






Proseguendo la progettazione, inizio a pensare a come collocare le componenti principali:
dall'infrastracturing degli spazi pubblici esterni, si passa ad uno spazio collettivo, un atrio con dei luoghi comuni che si collegano agli alloggi pensati per gli ospiti specializzati nel tango, definendo così il living;
una rampa, con annesso percorso espositivo definisce l'exchange, che termina nelle due sale da ballo, rappresentanti il creating.



domenica 6 aprile 2014

La scacchiera

Guggenheim Museum - Frank Lloyd Wright

Nel 1943 l’industriale e filantropo americano
Solomon Guggenheim, guidato dall’amica ed esperta Hilla Rebay, commissiona a Wright un museo nel quale esporre la sua ormai vastissima collezione di opere d’arte astratta. L’edificio sorge sulla Fifth Avenue, a metà tra il Rockefeller Center e il degradato quartiere di Harem, tra il lusso e la miseria. Tra il monotono ripetersi delle superfici verticali delle “curtain-walls”, Wright decide provocatoriamente di inserire l’eccezione: l’insolito volume curvo di cemento, che si oppone alle solite forme scatolari.
Wright vuole che la dinamicità che deriva dalla ricerca dell’arte contemporanea, si rifletta in una modalità di fruizione altrettanto dinamica; perciò basa il nuovo museo sul concetto di PERCORSO, il “bang” dell’opera. Alle sequenze gerarchizzate di “stanze” ottocentesche, sostituisce una rampa continua.
Inoltre Wright prende in considerazione e si ispira ad uno schizzo realizzato nel 1925 per il suo progetto del “Gordon Strong Automobile Objective and Planetarium”, una sorta di “ziggurat” dedicata al culto della natura.

Gordon Strong Automobile Objective and Planetarium, Wright

Anche Le Corbusier aveva pensato a un museo basato sull’idea di una rampa continua, un progetto redatto tra il 1930 e il 1939, ma mai realizzato: si tratta di un Museo a crescita illimitata costituito da una spirale quadrata impostata su pilotis; lo stesso fecero Terragni e Lingeri progettando il loro Danteum nel 1938 come una sequenza ascensoriale che connette ad altezze sfasate le tre cantiche della Divina Commedia.


Museo a crescita illimitata, Le Corbusier

Ma in questi progetti l’idea del percorso spiraliforme è racchiusa da un volume scatolare, mentre Wright fa si che il percorso diventi una rampa che si avvolge attorno al grande cavo interno e che si ripercuote in volumi esterni a conchiglia.
Scomparsi sia Wright che Solomon Guggenheim prima che il Museo sia completato, nel 1959, vengono imposti alcuni cambiamenti relativi alla superficie esterna e i lucernari della galleria principale sono ricoperti, cosicché la luce artificiale all’interno viene moltiplicata fino ad annullare ogni effetto di illuminazione studiato da Wright.
Solo nel 1992 la rampa a spirale della galleria verrà riportata ad una condizione conforme a quella del progetto originale.
Nella progettazione una prima difficoltà è posta dalla ristrettezza del lotto di terreno a disposizione: il diretto contatto con un asse viario molto transitato e caotico rende difficoltosa la creazione di uno spazio mediativo, necessario per potersi addentrare nella fruizione dell’arte, ed è impossibile stabilire una qualche forma di dialogo con il parco antistante. Wright risolve comunque il problema arretrando l’edificio rispetto all’allineamento continuo della strada. Giunti all’interno, ci si rende conto di come l’edificio sia orgogliosamente isolato dall’esterno e costituisca uno spazio autonomo, con accessi ridotti all’essenziale a livello della strada e caute aperture ai livelli superiori.


Guggenheim Museum, Wright

La struttura del museo, con il corpo principale costituito da una percorso elicoidale, rievoca il principio fondamentale di uno dei maestri di Wright, Sullivan con il suo “Form follow function”. La peculiare forma trova infatti numerose ragioni d’essere di carattere funzionale: agevola fisicamente il visitatore che, giunto al settimo piano con gli ascensori, percorrerà la rampa in discesa e alla fine della visita si ritroverà in prossimità dell’uscita; permette di focalizzare l’attenzione sulle opere, poiché il visitatore trovandosi in cima alla struttura avrà modo di soddisfare la sua curiosità e durante la discesa il suo sguardo non sarà calamitato verso l’alto e verso la vetrata che chiude la cavità centrale, e inoltre la distanza da cui guardare le opere è fissa definendo una precisa organizzazione espositiva; la svasatura, abbinata all’uso di lucernari inclinati, consente un'illuminazione naturale e diffusa delle opere esposte, in modo da non abbagliare e colpire le superfici in modo diretto; la forma dell’edificio fa sì che esso sia protetto dagli agenti atmosferici; l’inclinazione delle superfici murarie esterne è inoltre funzionale per rendere fruibili le tele esposte, che in caso contrario risulterebbero rivolte verso il basso; l’ampiezza crescente di pari passo con l’altezza, consente infine di trarre una superficie maggiore da un lotto di piccole dimensioni.


 
Guggenheim Museum, Wright

Da un punto di vista costruttivo l’impianto si compone di due corpi di fabbrica messi in relazione da una loggia aperta: un blocco cilindrico di piccole dimensioni, dove si trovano gli uffici, e l’edificio principale, che ospita la galleria a spirale, sezioni dedicate alla fotografia, alle installazioni, alla Video Art, al cinema sperimentale, la celebre Rotunda al piano terra, dove sono organizzate esposizioni temporanee, il Peter B. Lewis Theater, vari caffè e bookshops.
L’intero percorso è scandito da setti murari aventi funzione strutturale e architettonica al tempo stesso; si tratta infatti di pilastri estremamente allungati, posti radialmente, che creano una serie di salette espositive distinte. La linea concava della rampa spiraliforme si ribalta in corrispondenza dei collegamenti verticali, scale e torre dell’ascensore. Questa espansione convessa trova spiegazione nella possibilità di creare punti di vista differenziati, interrompendo la continuità del percorso in modo da destare l’attenzione dello spettatore. La rampa del corpo centrale è autoportante, mentre nel corpo cilindrico secondario, dove sono collocati gli uffici, lo scheletro portante è costituito dall'elemento che racchiude gli ascensori e da colonne che poggiano su mensole sospese ai solai del primo piano, retti da un muro continuo in cemento armato: la tecnologia è manipolata fino a farne un virtuosismo irriproducibile. La cupola vetrata che chiude il corpo centrale invece, fatta di travi compresse, è frutto del viaggio durante il quale Wright ebbe modo di studiare l’architettura romana.

 
Guggenheim Museum, Wright


Il bang: l’OCHO

Uno dei passi femminili più affascinanti, nel tango, è chiamato: ocho.
E’ un passo base, che prende il nome dalla forma dell'otto idealmente tracciata dal movimento dei piedi della donna. E' costituito da due pivot (rotazioni sulla pianta di un piede che fa da perno), uno in avanti ed uno indietro per consentire alla ballerina di ritornare in posizione.






Ogni riferimento sul tango, si ricollega a forme circolari, sinuose: forme che caratterizzano il carattere del ballo stesso, ma anche l’idea che voglio dare al mio progetto.
"Il tango è un abbraccio in movimento".